Il Metodo Suzuki

…che la musica possa rendere migliore l’uomo, gli dia la pace, la gioia di vivere. (S.Suzuki)

CHE COSA E’ IL METODO
Il reale motivo della venuta in Occidente di SHINICHI SUZUKI, fondatore dell’omonimo metodo, era quello di comprendere il vero significato dell’Arte, risposta che sperava di trovare nell’Europa degli anni ’20 – ’30. A Berlino egli non solo studiò violino con Karl Klingher, allievo di Joachim ed affermato violinista e insegnante, ma divenne intimo amico di Albert Einstein e conobbe le nuove idee sull’educazione dei bambini che si stavano diffondendo grazie alla generazione di Maria Montessori e Jean Piaget.
La sintesi di questo “apprendimento”, avvenuto in un ricco e variegato panorama culturale, si riassunse alla fine nella sua frase: “L’arte non è qualcosa che sta sopra o sotto di me, l’arte è legata alla mia essenza più profonda”.
Questa profondità d’indagine, la ricchezza della cultura musicale europea e la messa a punto di nuovi e rivoluzionari metodi educativi in cui il bambino diventava soggetto, dunque, furono il fertile terreno da cui, grazie a quel lungimirante e intraprendente didatta che era Shinichi Suzuki, nacque il “Metodo Suzuki”. E’ un fatto che il repertorio appreso dagli studenti del metodo Suzuki, dai pezzi più semplici fino ai brani da concerto, si rifà interamente al patrimonio compositivo barocco o romantico dell’Europa, principalmente a quello della Germania, dell’Italia e della Francia. Nel suo libro Suzuki fa riferimento a Pablo Casals e ad altri artisti esecutori europei come modelli di studio per gli studenti, intendendo sottolineare l’importanza di una corretta imitazione del suono e di un buon dominio tecnico nel momento in cui si muovono i primi passi nell’esecuzione strumentale.

Suzuki aveva compreso che proprio “l’imitazione” è alla base del processo d’apprendimento umano nei primi stadi della vita e, attraverso il metodo che egli chiamò “della lingua madre”, dimostrò che si poteva insegnare ad un bambino così come gli si insegna a parlare: niente di più ovvio, eppure niente di più straordinariamente rivoluzionario per quei tempi in cui il gran maestro giapponese ideava e codificava il metodo. Come, infatti, un bambino impara a parlare ascoltando e ripetendo continuamente le parole dette infinite volte dai genitori, così impara a suonare ascoltando e ripetendo continuamente un frammento musicale, un ritmo, una melodia che gli stessi genitori, “addestrati” dall’insegnante, gli proporranno nel corso della giornata affinché gli risultino familiari.
Poiché la musica sarà a questo punto entrata a far parte in modo del tutto naturale della vita del bambino e della sua famiglia, diventerà per loro “metodo di vita”, attraverso il quale verrà costruito il carattere, si coltiverà il buon gusto, si svilupperanno le buone maniere, si imparerà ad entrare in relazione con gli altri rispettando le regole, ma anche affinando la sensibilità; soprattutto si troverà’ in essa quella compagnia che non verrà mai meno, ancor più se si sarà in grado di suonare uno strumento.
Inoltre, attraverso l’inserimento nei gruppi di ritmica prima e d’orchestra poi, il bambino (con i suoi genitori) si potrà confrontare costantemente con i suoi compagni, imparando a capire in modo concreto il proprio ruolo all’interno di un gruppo, il proprio stile particolarissimo, la propria capacita’ di stare e di fare con gli altri senza rinunciare ad essere, come direbbe Suzuki, “profondamente se stesso”. Elevato obiettivo questo, ma come dicono gli orientali: “Bisogna mirare alla luna per colpire l’aquila”. In queste poche e significative parole ritroviamo tutto lo spirito delle scuole Suzuki: massimo impegno di tutti (allievi, genitori, insegnanti) per perseguire i livelli di studio e preparazione e l’ingresso nell’orchestra, che e’ la grande ambizione di tutti i bambini.

Il pensiero di S.Suzuki è racchiuso nei suoi aforismi:
“l’uomo è figlio del suo ambiente” – “si può fare molto se c’è amore” – “se hai un bel suono, hai cuore” – “le corde non hanno anima, esse vivono attraverso quella di chi le fa vibrare” – “non c’è bambino senza talento, tutto dipende dall’educazione” – “l’arte esprime l’uomo”.
Infine la sua speranza espressa quasi come un atto di fede: “che la musica possa rendere migliore l’uomo, gli dia la pace, la gioia di vivere”.
Questi sono i valori che stimolano gli insegnanti Suzuki ma anche tutti quelli che credono nell’educazione attraverso la musica come mezzo di rinascita morale e spirituale.
Shinichi Suzuki è morto nel 1998, all’età di novantanove anni, ma come è per tutti i grandi uomini, egli vive ancora per quello che ha donato ad una moltitudine di persone.
Migliaia di bambini, in tutto il mondo, se ne stimano circa 250.000 oggi, crescono con la musica, ed attraverso essa vivono esperienze uniche ed irripetibili.
Migliaia di famiglie hanno scoperto la gioia di stare insieme, comunicando con un linguaggio universale e personale al tempo stesso.
Migliaia di insegnanti, circa 8200 in tutto il mondo, hanno imparato a donare se stessi attraverso le proprie competenze, a regalare il proprio talento per crescere quello di un bambino.
Nell’ottobre del 1968, al termine di un suo intervento presso le Nazioni Unite, a New York, Shinichi Suzuki si appellò a tutti i presenti affinché prendessero in considerazione la necessità di una politica mondiale rivolta al corretto sviluppo, all’educazione ed alla cura dell’infanzia.
Oggi, più che mai rievochiamo il suo sogno:
“Che la musica renda migliore l’uomo, porti la pace, la gioia di vivere”.

 

LA FORMAZIONE MUSICALE E LA DEFINIZIONE DEL METODO DIDATTICO
Shinichi Suzuki venne a studiare violino in Germania negli anni ’30 e questa esperienza fu fondamentale sia nell’ideazione sia nello sviluppo del metodo di apprendimento musicale.
Studiò con Karl Klingher, un allievo di Joachim ed un affermato violinista e insegnante tedesco dell’epoca. Il suo obiettivo venendo in Europa era ben più ampio rispetto al solo studio del violino; egli era venuto per una ricerca: comprendere il reale significato dell’Arte.
Il risultato di questa ricerca fu più tardi riassunto in un breve poema, del tipo che egli amava comporre: “l’Arte non è qualcosa che sta sopra o sotto di me, l’Arte è legata con la mia essenza più profonda”.
Intanto in Germania Suzuki divenne intimo amico di Albert Einstein. E’ anche importante tenere presente che egli appartiene alla stessa generazione di Maria Montessori e Jean Piaget. Ovviamente, le nuove idee sull’educazione dei bambini erano nell’aria quando egli era in Europa.
Il metodo Suzuki probabilmente non sarebbe mai esistito se Shinichi Suzuki, un “gentlemen” giapponese con un alto istinto musicale e morale, non fosse venuto in contatto con l’ambiente culturale europeo.
E’ un fatto che il repertorio appreso dagli studenti del metodo Suzuki, dai pezzi più semplici fino ai brani da concerto, si rifà interamente al patrimonio compositivo classico dell’Europa, principalmente Germania, Italia e Francia.
Nel suo libro, S. Suzuki spesso fa riferimento a Pablo Casals e ad altri artisti esecutori europei come modelli per gli studenti, da studiare ed emulare. Il metodo Suzuki è spesso inquadrato nel mondo occidentale come un processo di apprendimento “per imitazione” e questo è spesso indicato in modo critico. Haydn stesso insisteva molto sull’imitazione come metodo di apprendimento per giovani compositori. L’imitazione è un processo di apprendimento che non può essere messo in discussione nei primi stadi dell’educazione (ciascuno di noi ha appreso il linguaggio parlato tramite l’imitazione dei genitori).
Dovremmo essere grati a questo musicista e didatta giapponese, morto all’età di 99 anni nel 1998, poiché attraverso la sua ammirazione e studio della cultura europea, ha messo a disposizione dei bambini piccolissimi, i mezzi per imparare ed apprezzare la musica e la possibilità di sviluppare i loro talenti naturali fin dalla prima infanzia.